Alda Merini. 

 

L’interesse della nostra comunità scolastica ed anche della nostra cittadina per Alda Merini (Milano 1931-2009) risale al 1989 quando la poetessa ha partecipato al premio nazionale di poesia edita “Città di Cariati” vincendolo con il libro “Testamento”(Crocetti editore, Milano, 1988).

Il libro è un’antologia della sua produzione poetica, allora praticamente sconosciuta, dagli anni 1947 al 1988. Il premio che Cariati le ha assegnato, per quanto generalmente omesso dalle celebrazioni e dai resoconti successivi, tardivi e a volte ipocriti, è stato il primo aggiudicatosi dalla poetessa, che allora versava in condizioni di grande miseria e viveva sui Navigli, in zona Porta Ticinese, con una modestissima pensione.

L’improvvisa notorietà, che ha sorpreso tanta parte della critica, ha fatto di Alda la poetessa più grande del Novecento italiano perché la più amata dal pubblico e dai giovani, nonostante quanto mirabilmente esprime un altro poeta, Giovanni Raboni, autore della prefazione del libro, sulla collocazione critica della poetessa milanese: “Sebbene non le siano mancati nel tempo, e tuttora non le manchino, ammiratori autorevoli e sinceri (penso a Spagnoletti, a Manganelli, a Maria Corti) è un fatto che la Merini ha sempre un po’ stentato a trovare una collocazione adeguata nell’ambito degli studi sul secondo Novecento, è sempre rimasta in una condizione un po’ appartata, marginale, confinante con la distrazione e l’oblio; le luci della storiografia e del fervore esegetico le sono scivolate sopra, accanto, l’hanno sfiorata, senza mai inquadrarla compiutamente.”

A importante integrazione di questo perentorio giudizio, deve dirsi quanto sulla Merini abbia influito la malattia mentale subentrata negli anni del matrimonio per le profonde e laceranti crisi depressive, seguite dall’internamento nel manicomio “Paolo Pini” di Taranto dal 1965 al 1972 ed anche in seguito, alternando periodi di follia e ricoveri contrassegnati da aberranti terapie psichiatriche (di cui vi è testimonianza nel libro “L’altra verità. Diario di una diversa”, Scheiwiller, Milano 1986), ad altri di sanità mentale fino alla prova poetica ritenuta più elevata, “La Terra Santa” (Scheiwiller, Milano, 1984), vincitrice del Premio Librex Montale nel 1993.

 

 

 

 

 

Scrive nella “Terra Santa”: “Le più belle poesie/ si scrivono sopra le pietre/ coi ginocchi piagati/ e le menti aguzzate dal mistero./…Ma nella Terra Promessa/ dove germinano i pomi d’oro/ e l’albero della conoscenza/ Dio non è mai disceso/ né ti ha mai maledetto./ Ma tu sì, maledici/ ora per ora il tuo canto/ perché sei sceso nel limbo,/dove aspiri l’assenzio/ di una sopravvivenza negata.”

Una poesia, quella della Merini, vastissima quanto vera, vissuta sulla pelle, sgorgante come un dono di grazia, annoverata nei canoni dell’orfismo non di maniera, perché di ammaliante musicalità e filtrata in filigrana di afflato religioso maturatosi, come il canto di Orfeo, nell’Ade di una vita sconvolgente, in bilico tra la luce e le tenebre, tra la società dei cosiddetti normali e i reietti della stessa.

Nella motivazione della giuria del Premio Cariati nel 1989 si afferma difatti:

Da “Testamento” derivano suggestioni grandissime per una tensione, a volte, straordinaria, che si sprigiona dalle immagini, le quali tradiscono una precarietà esistenziale che coinvolge il lettore e lo fa meditare; immagini ora allucinanti e paurose, ora estatiche e contemplative o, quanto meno, tendenti alla conquista di un po’ di quiete, che appare essere l’ultimo disperato approdo di un’esistenza inquieta e tormentata.”

Alla poetessa nel 1995 è stato assegnato dallo Stato il vitalizio previsto dalla Legge Bacchelli in favore dei cittadini illustri che versano in condizioni di estrema indigenza.

 

Articolo di Rocco Taliano Grasso. 

Cariati lì 21/12/2012

« “Perché la donna quando s’innamora

si barda come la dea Atena

e mette una corazza contro il cuore.

Sciogliti donna e diventa un canto,

sotto la tua casa c’è il corpo

di un tenero fanciullo”»

(Alda Merini) 

 

Questa splendida immagine e la forza di queste parole…. rendono perfettamente l’idea della corazza, della chiusura emotiva, del destino di Alda Merini, voce poetica italiana del dopoguerra.. e protagonista vivace di un momento di incontro culturale, qualche anno fa, nel nostro istituto scolastico, Ipsia di Cariati, per opera del professore di italiano Rocco Taliano Grasso.

Il destino di questa donna fu, e continua ad essere, quello di aver nuotato a lungo controcorrente, quello di aver amato, con passione, con ferocia, con rabbia e riposo, alternando lussuria e stanchezza. Sogni perturbanti e faticose veglie sicuramente hanno caratterizzato tutta la sua vita.

La sua testimonianza ne conserva il respiro.!!!

 

Per parlare di Alda Merini è bene partire da un'ovvietà:

prima che il manicomio battezzasse la sua follia, la Merini era già poetessa. Il suo destino di poeta non si determina con l'esperienza del ricovero, ma viene dal suo intimo. Era nata a Milano nel 1931 insieme alla primavera, come ricorda in una poesia di Vuoto d'amore; il padre faceva l'assicuratore, la madre la casalinga. A soli dieci anni vinse il premio Giovani poetesse italiane, ricevendo il riconoscimento dalla futura regina Maria José. Nella Milano della ricostruzione, adolescente, conobbe Giacinto Spagnoletti, che le aprì le porte del mondo intellettuale della città: lei che soffriva di non aver potuto completare gli studi. In questo contesto culturale conosce Luciano Erba, Davide Turoldo e Giorgio Manganelli Con quest'ultimo intrecciò, ragazzina sedicenne (mentre lui aveva quasi dieci anni di più ed era già sposato), una relazione divenuta leggendaria, in seguito raccontata e messa in versi molte volte. Manganelli non era ancora lo scrittore affermato di poi, sebbene già prodigiosa fosse la sua erudizione, specie in letteratura inglese. Già, nelle prime poesie Spagnoletti intuì subito il valore della Merini e la inserì, nella prestigiosa Antologia della poesia italiana (1909-1949), pubblicata nel 1950. Fu ancora lui ad accogliere la sua raccolta d'esordio, La presenza di Orfeo (1953), nella collana che dirigeva l’editore Schwarz. Sarebbero venuti di seguito i volumi Nozze romanePaura di Dio (entrambi del 1955) e  Tu sei Pietro (1962).

La prima Merini è mistica e pagana, tratteggia figure del mito e della religione con attenta cura retorica, in una lingua impastata di movenze classicheggianti. Sono poesie di tono lirico in cui si aprono spiragli di inquietudine e angoscia. Ad accorgersi, con la solita profetica capacità di lettura, degli indizi di un destino travagliato e tormentoso è Pier Paolo Pasolini, che, della «ragazzetta milanese» scrive su «Paragone» nel 1954, dichiarandosi disarmato , annota «uno stato di informità quasi di deformità irriflessa - passiva nel senso più attinente al suo sesso – ristagnante…» E’ lo stato in cui vive la Merini "oscurità" e "attesa Intanto Alda, dopo la fine del legame con Manganelli, si sposa nel '54 con Ettore Carniti, una persona semplice, un panettiere. Mette al mondo le prime due figlie, Emanuela e Flavia. La difficoltà di far fronte ai propri compiti di madre e di moglie determina ben presto tensioni e liti. Durante una di queste, il marito la fa ricoverare all'ospedale psichiatrico Paolo Pini. La poetessa aveva già dato segni del suo disagio psichico, era stata in cura e in analisi. La scoperta del «manicomio» fu però un punto di non ritorno. Era il 1965: per quasi quindici anni, fino al 1979, fu un andirivieni dentro e fuori le mura dell'ospedale. Durante questo periodo dà alla luce altre due figlie, Barbara e Simona.

«…..Quando venni ricoverata per la prima volta in manicomio ero poco più di una bambina, avevo sì due figlie e qualche esperienza alle spalle, ma il mio animo era rimasto semplice, pulito, sempre in attesa che qualche cosa di bello si configurasse al mio orizzonte; del resto ero poeta e trascorrevo il mio tempo tra le cure delle mie figliole e il dare ripetizione a qualche alunno, e molti ne avevo che venivano a scuola e rallegravano la mia casa con la loro presenza e le loro grida gioiose. Insomma, ero una sposa e una madre felice, anche se talvolta davo segni di stanchezza e mi si intorpidiva la mente….»

La sua poesia non nasce con l'ospedale psichiatrico. Piuttosto la poesia accoglie e rigenera quell'esperienza, la reinventa in forma di rivelazione, come sigillo del suo destino nel «diario di una diversa», che fa del manicomio materia di canto: La poesia levigata e arcana, sebbene inquieta, che era stata della Merini giovane, cambia tono. Si assolutizza, si solleva e come un respiro affannoso, diviene perentoria, capace di rapidi scorci.

Questi anni vedono il nuovo matrimonio con il più anziano medico e poeta tarantino Michele Pierri , il crescere dell'attenzione critica e giornalistica. L'appartamento di Ripa di Porta Ticinese 47, dove torna a vivere dopo la parentesi di Taranto. A iniziare la riscoperta della poetessa è l'antologia Testamento, mentre a consacrarne la fortuna è  Fiore di poesia, uscita da Einaudi nel 1998. In mezzo ci sono libri fortunati e importanti, come Vuoto d'amore (1991) e Ballate non pagate (1995), entrambi presso Einaudi, e tante pubblicazioni occasionali e disperse.

La Merini  viene invitata nei salotti televisivi, collabora con cantanti e musicisti, inchiodata dai mezzi di comunicazione al tipo del poeta folle, secondo un cliché limitativo ed equivoco. Lei un po' accetta, un po' subisce: è amata dal pubblico, invidiata da certi colleghi, sfruttata da chi vuol farne soprattutto un caso. Sa addomesticare folle ignare di poesia , consapevole d'altra parte che la sua vocazione e il suo talento sono autentici..Fiaccata dalla malattia, muore il primo novembre 2009 all'ospedale San Paolo di Milano.

Il 17 ottobre 2007, la poetessa ha ottenuto la laurea "Honoris Causa" in "Teorie della comunicazione e dei linguaggi" presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Messina tenendo una "Lectio Magistralis" sui meandri tortuosi del suo vissuto.

 

I versi della poesia iniziale rappresentano la donna Luna-Saturno o Luna-Capricorno. Se ne coglie l’essenza, il fremito sotto la spessa coltre del grigiore che le fa ombra, ma che, allo stesso tempo, la protegge, dal sole che è vita.., e nonostante ciò.., perché il sole non può scordarsi della luna.., Alda ama «…i colori, tempi di un anelito inquieto, irrisolvibile, vitale, spiegazione umilissima e sovrana dei cosmici perché del mio respiro…»

La donna Luna-Saturno è competitiva, razionale, strategica, affidabile, responsabile, è forte… o almeno pensa di esserlo. Alda è come Atena, dea della saggezza e dei mestieri, rappresentata sempre con indosso l’elmo, lo scudo e la lancia.. delle sue emozioni; Atena è una dea guerriera, è armata, è una Luna protetta.

Protetta. Protetta da cosa e in che modo? Si protegge o è isolata?

La realtà la avvolge come una corazza protettiva, impedisce di far arrivare fino alla sua anima i battiti del cuore, perché le emozioni sono forti e la potrebbero travolgere.

Come Atena nata dal solo Zeus, la femminilità di Alda, che possiamo definire la nostra Luna protetta , è come congelata, è bloccata. Ella stessa non la conosce, si sente diversa dalle altre donne. Nella vita la sua difficoltà ad entrare in contatto con gli altri ad un livello emotivo più profondo la fa sentire isolata, è come se gli altri non la sentissero, ma anche ella stessa non si sente. Dentro solo vuoto, silenzio assoluto, distacco, scollegamento.

Alda Merini è la poetessa dei sentimenti più densi che ha saputo tradurre magistralmente in parole, prosa e poesia. Grande sensibilità, grande personalità e un cuore grande, in cui ha saputo raccogliere, le parole come perle,creandone poi la collana dei sogni che non tramontano mai.

Sono emozioni che gridano in fondo ai ricordi.. abbandonati.!!!

«…..Io amo la semplicità che si accompagna con l'umiltà.
Mi piacciono i barboni.
Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle,
sentire gli odori delle cose,
catturarne l'anima.
Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo.
Perché lì c'è verità, lì c'è dolcezza, lì c'è sensibilità, lì c'è ancora amore…»

L’esterno può diventare un luogo pieno di opportunità dove esprimere liberamente se stessi, oppure può essere il luogo insicuro dove bisogna proteggersi e temere ogni cosa. Proprio il pensiero razionale le consente di distinguere, distaccare e trovare nuove strategie. ..Ma proprio quando l’unico sentimento possibile irrompe nello spazio isolato come un canto fa vibrare il cuore.. E come un vento innamorato.. sogna acqua, sogna pensieri e mari..

« per te donna è sorto…., il mormorio dell’acqua, unica grazia, e tremi per i tuoi incantesimi…»

Anche se rimaniamo sole di fronte ad un universo di possibilità, anche in campi di forza che non comprendiamo mai…, siamo guidati dalla visione interiore..e quando ci chiederanno se la disperazione sia uguale all’ assenza?!!,

Si potrà dire No.., è la luce dietro il buio, la verità dietro la bugia , sentire parole non dette…,

perché ho lasciato il mare per la terra, e la terra per il mare...., perché non esistono né ombre né luci, ma solo il nostro breve pensiero.., ma solo il nostro bisogno d’amore…

Il silenzio. e l’amore e la tendenza all’isolamento aprono ad Alda, come a tutti noi, un conflitto senza precedenti. L’amore chiama ad affidarsi, ad esprimere emozioni, a entrare in contatto, ma la donna Alda non riesce a concedersi di essere fragile, di essere irrazionale, perché tutto ciò è illogico e non la rende la donna moderna, indipendente e forte che pensa di essere..

 

 

Ed ecco l’invocazione della poetessa Merini

..sciogliti donna e diventa un canto,

sotto la tua casa c’è il corpo

di un tenero fanciullo..”

La tenera fanciulla ora riceve amore, fa quello che la fa stare bene. Così ella si rivede in tutta la sua fragilità, che è il suo punto di forza, si toglie l’armatura .., riconosce l’armatura nella forza, conosce il senso di responsabilità e questi sono strumenti che possono essere utilizzati in maniera positiva e per aiutarla a raggiungere i suoi obiettivi, che però ora sono diversi e prendono in considerazione i propri bisogni emotivi. Ora può essere donna, può uscire dalla sua casa e andare incontro alla vita, accompagnata dalla propria voce interiore..

Il poeta non rigetta mai le proprie ombre, perché trova i versi intingendo il calamaio nel cielo…Infatti

Quelle come me vorrebbero cambiare,

ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo…

Quelle come me urlano in silenzio,

perché la loro voce non si confonda con le lacrime…

Quelle come me sono quelle cui tu riesci

sempre a spezzare il cuore,

perché sai che ti lasceranno andare,

senza chiederti nulla…

Quelle come me amano troppo, pur sapendo che,

in cambio, non riceveranno altro che briciole…

Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso,

purtroppo, fondano la loro esistenza…

Quelle come me passano inosservate,

ma sono le uniche che ti ameranno davvero…

Quelle come me sono quelle che,

nell’autunno della tua vita,

rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti

e che tu non hai voluto!!!!!!!

« Ho avuto quattro figlie. Allevate poi da altre famiglie. Non so neppure come ho trovato il tempo per farle. Si chiamano Emanuela, Barbara, Flavia e Simonetta. A loro raccomando sempre di non dire che sono figlie della poetessa Alda Merini. Quella pazza. Rispondono che io sono la loro mamma e basta, che non si vergognano di me. Mi commuovono».

La sua presenza e la sua vita erano l'incarnazione stessa della poesia: aveva sempre qualcosa di importante e bellissimo da dire, sembrava sapere tutto dell'amore e della solitudine, o almeno parecchio più degli altri. E aveva visitato i luoghi più tristi e oscuri dell'umanità.

 

di Isabella Cosentino Cariati lì 10/10/2012